Domenica scorsa, il presidente cinese Xi Jinping ha offerto un quadro del nuovo ordine economico globale nel quale il suo paese si pone come alternativa ad un’America, quella di Trump, ripiegata su se stessa.
La politica è in crisi dappertutto in Occidente. E come sempre, l’Italia è un laboratorio delle tendenze in atto a scala europea. Come ha scritto malignamente Max Gallo, l’Italia «è la metafora d’Europa», ovvero la società in cui tutto si manifesta in modo caricaturale, esagerato ed eccessivo; dove le malattie latenti si presentano in modo evidente ed esplodono mentre negli altri paesi moderni sono solo in incubazione. E la vera intuizione del M5s non è la sbandierata democrazia elettronica, ma la politicizzazione della rete, con un formidabile cavallo di battaglia: la critica spietata alla «casta».
Merita di essere letto il discorso che il presidente cinese Xi Jinping ha pronunciato ieri alla cerimonia di apertura del Belt and Road Forum for International Cooperation. Il presidente cinese ha usato il Forum sulla cooperazione internazionale Belt and Road (14-15 giugno) per spiegare come l’espansione dell’iniziativa – un progetto economico che punta ad integrare l’Asia e l’Europa costruendo sei corridoi di trasporto via terra e via mare, attraverso i quali circoleranno merci, tecnologia e cultura – cambierà la Cina ed il mondo (President Xi Jinping delivers a keynote speech at the opening ceremony-Belt and Road Portal).
Xi ha detto che la Belt and Road Initiative (BRI) – una vota denominata “One Belt, One Road” (OBOR) – è un progetto multilaterale che si propone di portare “peace, harmony and happiness” in tutta l’Eurasia “collegando strategicamente” nazioni diverse come la Russia, la Mongolia, la Turchia ed il Vietnam attraverso progetti di sviluppo già operativi. E, ha aggiunto Jinping, sarà un successo perché gli investimenti necessari sono già in atto.
L’Italia è uno dei terminali strategici della proiezione cinese nel Mediterraneo. E per il nostro paese, come spiega Alessandra Spalletta nel suo articolo, è ovviamente un’occasione straordinaria per essere partecipe e protagonista di un grande progetto infrastrutturale in una delle aree strategiche del pianeta (Porti e ferrovie. La sfida italiana sulla nuova via della Seta – Agi).
Tre giorni prima del ballottaggio, l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha annunciato il proprio sostegno a Emmanuel Macron nelle elezioni presidenziali francesi, mettendo in evidenza che, sebbene non avesse progettato di farsi coinvolgere in altre elezioni dopo la sua presidenza, «il successo della Francia è importante per il mondo intero». Matteo Renzi, rieletto segretario del Pd, ha incontrato Barack Obama durante la visita dell’ex presidente americano a Milano e nel corso del loro colloquio, i due hanno telefonato al neo eletto presidente francese per congratularsi della vittoria. Lo stesso Macron, su Twitter, aveva rivolto i suoi auguri a Renzi per la vittoria alle primarie: «Bravo a @matteorenzi ‘in cammino/en marche’ funziona. Insieme, cerchiamo di cambiare l’Europa con tutti i progressisti».
Le presidenziali d’oltralpe mostrano, come si affanna a ripetere Pietro Ichino, che la contrapposizione novecentesca tra fautori della libertà e fautori dell’uguaglianza sta per essere sostituita da quella tra globalisti e sovranisti: leggi il fondo del direttore Maurizio Molinari su la Stampa.
En Marche! ha vinto perché ha saputo porre al centro del suo discorso questo nuovo discrimine politico fondamentale. E ora anche dal fronte opposto si annuncia la creazione di un nuovo partito capace di unire (tutti) questi ultimi. Leggi l’editoriale telegrafico con cui Pietro Ichino ha commentato a caldo il risultato delle presidenziali francesi.
Su cosa può fare la gauche europea per non guardare all’indietro e farsi inghiottire dal populismo, consiglio di leggere l’articolo di Enrico Morando, viceministro dell’Economia, pubblicato sul Foglio venerdì.
Nel violento duello tv presidenziale di mercoledì sera tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen, la candidata del Front National ha aggredito il rivale etichettandolo come «il candidato della globalizzazione». La globalizzazione, si sa, da tempo è diventata una parolaccia. Secondo la candidata di estrema destra (che Macron ha definito «la sacerdotessa della paura»), la «mondialisation sauvage met en danger notre civilisation» e quasi tutti ora sembrano comunque ritenerla asimmetrica, iniqua e pericolosa. Eppure, la maggior parte dei difetti attribuiti alla globalizzazione sono, in realtà, carenze nelle politiche nazionali (ed europee). Errori che possono essere corretti.
Archiviata la partita delle primarie del Partito democratico, che hanno visto, com’era prevedibile, la vittoria di Matteo Renzi, oggi il direttore del Foglio, Claudio Cerasa, prova a rispondere ad alcune domande «che ruotano tutte attorno a un unico grande tema sintetizzabile in quattro lettere: e ora?».
Per sottrarsi al video di “Macron quindicenne e la prima immagine dell’amore con la prof. Brigitte” (video.repubblica.it), alla “storia di Brigitte, moglie e madre sedotta da Macron” (agi.it), ai servizi su “Macron e le future rughe (della moglie)” (vanityfair.it; l’edizione francese di Vanity Fair mette invece Macron in copertina “raconté par ses femmes”) e ai libri sul genere “Les Macrons” (“une enquête captivante sur un couple à la conquête du pouvoir”), consiglio l’inchiesta che la giornalista Anne Nivat ha condotto nella Francia “periferica” dove vive la maggioranza dei francesi e che racconta com’è cambiato il paese. La giornalista francese é una corrispondente di guerra che ha narrato conflitti lontani in Cecenia, in Iraq, in Afghanistan e che ora si é immersa in sei città francesi. Il libro “Dans quelle France on vit”, in che Francia viviamo, è pubblicato da Fayard.
Segnalo l’articolo che Pietro Ichino ha pubblicato sul quotidiano il Foglio in due tempi, il 26 e il 27 aprile 2017 (“L’origine del peccato”) e gli interventi e i documenti che il senatore del Pd ha raccolto sulla crisi interminabile della nostra compagnia di bandiera nel portale del suo sito dedicato a Le vicende di Alitalia nell’ultimo quindicennio.
Sempre su Alitalia, segnalo, “Dopo Alitalia, la fine del mondo? – Istituto Bruno Leoni“. Il paper di @AndreaGiuricin, pubblicato nel 2014, ma attualissimo.
Segnalo, inoltre, l’introduzione di Stefano Ceccanti alla riunione straordinaria della Presidenza di Libertàeguale dedicata al tema “Più Europa per l’Italia”. L’incontro (aperto alla partecipazione di amici e sostenitori dell’associazione) si è tenuto ieri presso l‘Empire Palace Hotel a Roma.