Category : GIORNALI2020

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Il duello tra Cina e Australia (e la «wolf warrior diplomacy») – Il Riformista, 7 dicembre 2020

Il termine «wolf warrior diplomacy» descrive lo stile diplomatico aggressivo adottato di recente da molti diplomatici cinesi. L’espressione deriva dal titolo di un film d’azione, stile Rambo, del 2015 (il sequel, Wolf Warrior II, ha segnato il record assoluto d’incassi nella storia del cinema cinese), che ha rappresentato l’avvio della costruzione di una «narrazione patriottica» della nuova superpotenza, in cui la Cina acquista un ruolo nella gestione della pace nel mondo e nella difesa dei propri cittadini anche all’esterno dei confini nazionali (per capirci, le ambasciate cinesi restano aperte anche quando gli americani si chiudono dentro, e gli investimenti del dragone in Africa, sia quelli produttivi che quelli destinati all’assistenza sanitaria, uniscono i popoli, mentre i mercenari europei sono impegnati in una pulizia etnica insensata nei confronti degli orientali).

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Quale sarà l’approccio di Biden con la Cina? – Il Riformista, 3 dicembre 2020

Il rapporto con Pechino è sicuramente il problema (geopolitico ed economico) più grande che dovrà affrontare la nuova amministrazione americana.

Prima di Donald Trump, i presidenti americani guardavano alla Cina perlopiù con fiducia. Barack Obama, Bill Clinton ed anche i due George Bush hanno cercato di integrare la Cina nell’economia e nel sistema politico globale. Così facendo, pensavano, avrebbero persuaso la Cina ad accettare le norme internazionali e a diventare più democratica.

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Biden e la strada (accidentata) della diplomazia con l’Iran – ilcaffeonline, 2 dicembre 2020

Le speranze del nuovo presidente americano Joe Biden di resuscitare l’accordo nucleare iraniano potrebbero essere già andate in fumo.

L’assassinio della scorsa settimana dello scienziato nucleare Mohsen Fakhrizadeh (in un’operazione segreta che, a quel che si dice, si è servita di una mitragliatrice montata su un furgone e controllata da remoto), ha assestato un nuovo colpo all’orgoglio iraniano dopo l’uccisione, in gennaio, del generale Qasem Soleimani in uno strike aereo. Va da sé che i due incidenti potrebbero mandare all’aria ogni prospettiva di un rilancio della diplomazia. Non per caso, Mark Fitzpatrick, ex executive director dell’International Institute for Strategic Studies, ha subito twittato: «La ragione per assassinare Fakhrizadeh non era ostacolare il potenziale bellico dell’Iran, era ostacolare la diplomazia».

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Le guerre dei mercenari – Socialnews, 30 novembre 2020

Quella del mercenario – il soldato di professione che, per denaro, combatte al servizio di uno stato straniero, o anche di gruppi politici o economici – è forse «la seconda professione più antica al mondo». Il fenomeno non è mai scomparso del tutto e i mercenari, chiamati spesso contractors, sono attivi ancora oggi in diversi scenari bellici.

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Il «wonk rock» del segretario di Stato americano – Il Riformista, 26 novembre 2020

Come abbiamo visto, il presidente eletto americano Joe Biden ha scelto Antony Blinken come Segretario di Stato. Blinken è una vecchia conoscenza al Dipartimento di Stato: ha iniziato la sua carriera sotto l’amministrazione Clinton ed è stato Vice Segretario di Stato con Barack Obama. «Ora, so che probabilmente state pensando: “Aspetta, è l’Anthony Blinken che sta dietro il progetto dad-rock ABlinken su Spotify? Il cantante dietro ai brani trasmessi in streaming “Lip Service” e “Patience”? E la risposta – ironizza Josh Terry su Vice – è sì, è lui».

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Biden rimette insieme la band – Socialnews, 26 novembre 2020

La transizione presidenziale in America è cominciata ufficialmente e ieri Joe Biden ha presentato agli americani le persone che ha scelto per i ruoli chiave che riguardano la sicurezza nazionale e la politica estera: «Il team incarna la mia profonda convinzione che l’America sia più forte quando collabora con gli alleati», ha detto a Wilmington, Delaware. «Ed è una squadra che riflette il fatto che l’America è tornata, pronta a guidare il mondo, non a ritirarsi. Ancora una volta, seduta a capotavola».

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«Una repubblica, se saprete conservarla» – ilcaffeonline, 25 novembre 2020.

L’illusione di Donald Trump di acciuffare per i capelli un secondo mandato è finita in niente.

Il colpo mortale alla burrascosa presidenza di Trump è arrivato ieri, quasi tre settimane dopo la vittoria di Joe Biden alle elezioni, quando una funzionaria governativa americana finora sconosciuta, Emily Murphy, ha dato il via ufficialmente alla transizione presidenziale. Nel frattempo, le assurde azioni legali del presidente uscente si stanno sgretolando, gli Stati chiave hanno certificando la sua sconfitta elettorale e Biden ha cominciato a scegliere il suo gabinetto.

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Biden nomina il team (e gli alleati dell’America tirano un sospiro di sollievo) – Il Riformista, 24 novembre 2020

Quello che si sente nelle capitali dei paesi alleati dell’America è un enorme sospiro di sollievo. Le scelte del presidente eletto Joe Biden per il suo national security team hanno mandato un segnale inequivocabile: il nazionalismo rancoroso dell’ «America first» è finito in soffitta, rottamato (almeno per ora).

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Che cosa cambierà ora nella politica estera degli Stati Uniti e che cosa, invece, non potrà cambiare? – ilcaffeonline, 19 novembre 2020

Un dichiarato internazionalista con decenni di esperienza di politica estera alle spalle come Joe Biden, non potrebbe essere certo più diverso dal Trump che ha portato in dote la filosofia di «America first» e nessun curriculum diplomatico. Sul New Yorker, Robin Wright identifica, appunto, i sette pilastri della possibile politica estera di Biden da presidente: un ritorno all’alleanza Occidentale, la «messa in comune delle risorse» per affrontare minacce comuni, la «fiducia nei trattati e nelle istituzioni internazionali», il convinto sostegno dei diritti umani, severità nei confronti dei dittatori e dei regimi antidemocratici, essere «più rispettosi dei paesi con scarse risorse e scarso potere», e un globalismo impenitente che guiderà l’approccio di Biden alle principali questioni come il terrorismo e la ripresa economica globale.

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Elezioni truccate (sul serio): i giudici del Malawi vincono il premio Chatham House – Il Riformista, 19 novembre 2020

Chatham House, il think tank inglese (tra i più accreditati del mondo) che si occupa di politica estera, assegna ogni anno un premio ai contributi più significativi al miglioramento delle relazioni internazionali. Quest’anno il premio è andato ai cinque giudici della Corte suprema del Malawi, che, nonostante le pressioni, hanno invalidato le elezioni presidenziali del 2019 e ordinato la loro ripetizione dopo aver riscontrato estese irregolarità.

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