PD, L’ORA DELLE RIABILITAZIONI
L’apertura (dalla Germania) di Bersani a Monti è un messaggio rivolto anzitutto ai mercati e agli osservatori internazionali: niente panico, Berlusconi non vincerà, non ci sarà nessuna rimonta; e state tranquilli, il centrosinistra non ha intenzione di rinchiudersi nel suo recinto ma vuole aprirsi alla collaborazione con le forze più responsabili.
Ho fatto parte, con Pietro Ichino, di quel gruppetto di parlamentari «montiani» del Pd che nei mesi scorsi ha ininterrottamente sottolineato l’esigenza di porre l’agenda Monti – cioè le riforme necessarie per allineare l’Italia ai migliori standard europei – al centro della prossima legislatura. E in queste settimane ho ripetuto fino alla noia che solo dalla collaborazione tra Bersani e il polo riformatore di Monti è possibile immaginare che il governo del Paese resti orientato in direzione della riforma «europea» dell’Italia contrastando il populismo e neutralizzando le spinte conservatrici.
Berlusconi è come il Cappellaio Matto di Alice nel Paese delle Meraviglie e ci tiene inchiodati alla sua perenne ora del tè. Ma è una illusione quella di bandire, con lui, anche le aspirazioni di molti elettori – sul fisco, sulla giustizia, sulle libertà economiche – che Berlusconi ha lasciato insoddisfatte. Non per caso, Monti a Pordenone ha detto chiaramente: «Sarò disponibile ad alleanze con tutti e solo coloro che saranno seriamente impegnati sul piano delle riforme strutturali». Non è un mistero per nessuno che, tanto per fare un esempio, quello che la Cgil propone per rimettere in moto l’Italia è lontanissimo da quello che propone Monti. La Cgil vede nella spesa pubblica non il nostro problema principale, ma la soluzione di tutti (o quasi) i nostri problemi; mentre Monti indica come leve prioritarie su cui agire la riduzione del carico fiscale su lavoro e impresa e l’apertura del Paese agli investimenti stranieri. Ma uno dei lasciti più importanti del governo Monti ha a che fare proprio con uno stile di governo che ha cercato di usare un linguaggio di verità, mettendo gli italiani di fronte a uno specchio, senza nascondere loro i problemi. Due decenni di scelte mancate nascono dal fatto che molti politici si sono comportati come amici superficiali, incapaci di parlare con onestà agli italiani. E in questi giorni, al capezzale di un paese in crisi, tornano ad affacciarsi tanti falsi amici pronti a vendere promesse irrealizzabili e ad additare capri espiatori. Ma, dopo che si è conosciuto un amico che ti parla con sincerità e ti invita a scuoterti, è difficile farne a meno. E, come Alice, «a volte riesco a credere anche a sei cose impossibili prima di colazione». Non dimentico, infatti, che è grazie ai sacrifici e alle decisioni «impossibili» prese quest’anno, con Monti, che possiamo ora puntare alla crescita, al lavoro. Soprattutto per chi è rimasto indietro.
Ho solo un dubbio: ora che Bersani ha assicurato che il percorso del centrosinistra è destinato ad incontrarsi con quello del «centro» di Monti, che faranno? Come le vittime delle repressioni, dopo le scomuniche e i giudizi sprezzanti, mi «riabilitano»?