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Biden vuole rendere l’America un po’ più simile all’Europa – Il Riformista, 1 ottobre 2021

Nel discorso di debutto alle Nazioni Unite, un paio di settimane fa, Joe Biden ha rimarcato quel che ha detto esplicitamente in altri forum (e che, a dire il vero, è un pezzo che si affanna a ripetere): per recuperare il suo ruolo di guida «indispensabile», specie in mondo frammentato come quello del XXI secolo, l’America deve prima risanare e sistemare se stessa.

Biden, del resto, non è il solo a temere che l’ «esperimento americano di auto-governo» possa fallire o, per usare le parole di Abramo Lincoln, «morire per suicidio».

Come e più di altri, l’America è stata devastata dalla pandemia e dalla crisi che ha portato con sé. Si tratta, tuttavia, di un’emergenza passeggera. Ma, come ha scritto George Packer nel suo ultimo bel libro, «Last Best Hope», l’amministrazione Biden deve affrontare anche un’emergenza che va avanti da così tanto tempo che chiamarla in questo modo sembra inappropriato (e che la pandemia ha peggiorato): «la disuguaglianza che esclude moltissimi americani dalla piena cittadinanza perché le loro vite sono consumate dalla fatica di superare il mese».

Anche «la disparità nel sacrificio nella guerra globale al terrorismo è stata fin troppo normale da meritare commenti», rileva Packer: la guerra si è presa, infatti, i corpi e le menti dei ragazzi e delle ragazze dei piccoli centri e delle città dell’interno; a differenza del passato, nei loro monumenti, le università della Ivy League non hanno molti caduti nei conflitti successivi all’11 settembre da onorare.

«Non puoi pretendere virtù civiche da una classe diseredata», scriveva Walter Lippman nel suo manifesto progressista del 1914, «Drift and Mastery», e «il primo punto del programma di autogoverno è quello di trascinare l’intera popolazione ben al di sopra della soglia della povertà». «Che tipo di virtù civica è possibile per un addetta al magazzino di Amazon non iscritta al sindacato che fa gli straordinari obbligatori con la febbre lasciando i suoi ragazzi alle prese con l’insegnamento a distanza alla cure della madre anziana?», si chiede, infatti, Packer.

Proprio per questo il presidente Joe Biden e il suo partito vogliono rendere l’America «un popiù simile allEuropa» e ripensare un’economia che offre ricchi premi ai pochi ma umilia i tanti lavoratori americani.

Un passaggio decisivo potrebbe essere a portata di mano. Un provvedimento di spesa di 3,5 trilioni di dollari (che ora è sul filo del rasoio a Capitol Hill) prevede una consistente revisione della rete di protezione sociale. La misura è finanziata con un aumento delle tasse sulle multinazionali e sui ricchi. E, stando a Bernie Sanders, l’ex candidato presidenziale della sinistra che, praticamente, ha scritto il provvedimento dalla sua postazione di presidente della Commissione bilancio del Senato, si tratta dello sforzo più rilevante che sia mai stato messo in campo, negli ultimi cinquant’anni, per aiutare i lavoratori americani.


E non c’è dubbio che, per gli standard americani, gli obbiettivi della proposta di legge siano clamorosi («europei», appunto, come hanno osservato Stephen Collison e Caitlin Hu sulla CNN).

Il provvedimento punta a ridurre della metà la povertà infantile usando i crediti di imposta e introduce l’asilo universale gratuito per i bambini di 3 e 4 anni (negli Stati Uniti, il costo di mandare un bambino alla scuola materna può essere un vero e proprio trauma per dei nuovi genitori). La proposta di legge prevede poi due anni gratis nelle università statali, che non solo mettono a disposizione agli studenti corsi che sono in genere molto richiesti, ma offrono loro anche un modo per risparmiare sui costi guadagnando crediti prima di trasferirsi nei college più prestigiosi per conseguire la laurea.

Si tratta di un provvedimento molto ampio che offre anche cure mediche odontoiatriche e per l’udito agli anziani, congedi parentali e per malattia retribuiti e assistenza domiciliare per anziani e malati. Investe, inoltre, in alloggi a prezzi accessibili. E costruendo un’economia efficiente sotto il profilo energetico, concretizza gli impegni assunti dagli Stati Uniti in vista della conferenza climatica delle Nazioni Unite che si terrà a Glasgow in novembre.

Ma una parte di queste previsioni rischiano la ghigliottina. I repubblicani sono contrari, si sa. E i democratici moderati del Senato ritengono che il provvedimento sia eccessivo e costoso. Il che ha portato ad una situazione di stallo. Alla Camera, i democratici progressisti (la sinistra interna, per capirci) hanno ribadito che, per loro, il passaggio del provvedimento è la condizione per votare un altro pilastro del programma di Biden, il piano infrastrutturale di 1 trilione di dollari, concordato con i repubblicani, per riparare strade ponti e i sistemi di trasporto del paese.

Insomma, i democratici di sinistra si rifiutano di sostenere la misura che ha già 19 voti repubblicani al Senato, se, contemporaneamente, non passa anche l’imponente provvedimento di 3,5 trilioni di spesa sociale. E se non passa, per capirci, è perché sono i democratici moderati a ritenerlo esagerato. Joe Manchin del West Virgina, sostiene, ad esempio, che al massimo può arrivare a votare un provvedimento di 1,5 trilioni di dollari. Ma ogni altro democratico a Washington, compreso Biden, ritiene che quella proposta da Manchin sia una soglia troppo esigua.

Ieri il provvedimento sulle infrastrutture, approvato al Senato, è stato rinviato perché la speaker della Camera, Nancy Pelosi, non era in grado di garantire i voti per farlo passare. Le trattative tra le due anime dei democratici non hanno portato, infatti, ancora a niente e il destino del provvedimento è ancora incerto.

Va da se che mantenendo una posizione ferma nei confronti del loro stesso leader, l’ala sinistra dei democratici si è spinta molto in là e ha tracciato una linea sul futuro del partito. Assieme al provvedimento, anche il programma di Biden per «risanare» l’America è appeso ad un filo molto sottile. Se Biden ed i leader democratici non riusciranno a ricucire lo strappo, l’intera agenda del presidente americano relativa alla politica interna potrebbe naufragare. Il che, ovviamente, sarebbe un disastro per la sua presidenza. E per gli Stati Uniti.

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