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La Germania potrebbe tingersi di Verde? – Il Riformista, 3 maggio 2021

Angela Merkel troneggia sulla Germania da quando, nel 2005, è diventata il primo cancelliere donna del paese, dando un taglio netto con «i pezzi grossi» della politica tedesca, che Constanze Stelzenmüller su Foreign Affairs ha descritto come «una sfilza di fumatori, bevitori accaniti, donnaioli, di regola melodrammatici».

«È stata al potere più a lungo di ogni altro dei suoi colleghi, con la sola eccezione di Vladimir Putin» e ha conquistato notorietà oltre i confini della Germania. «Per un pò, alcuni commentatori americani e inglesi, disorientati dai propri leader, hanno cominciato perfino a chiamarla ‘la leader del mondo libero’ (un titolo che si dice che la cancelliera detesti)», scrive Stelzenmüller.

Ora, Angela Merkel è arrivata al termine del suo ultimo mandato, che si concluderà dopo le elezioni del 26 settembre prossimo, lasciando ai tedeschi il compito di valutare la sua eredità. La cancelliera tedesca ha studiato assiduamente i sondaggi di opinione durante il periodo trascorso al vertice del governo tedesco, ma in alcuni momenti critici, non ha esitato ad andare anche controcorrente rispetto al sentimento popolare, come quando, nel 2015, ha ammesso circa un milione di rifugiati nel paese e quando ha sostenuto il salvataggio (e la continua inclusione nella zona euro) della Grecia durante la crisi del debito del 2008. Il suo mandato ha visto anche la «rapida ascesa dell’estrema destra», in parte come reazione alla sua decisione sui rifugiati, e la critica principale al lascito della Merkel, scrive Stelzenmüller, è che «sebbene sia stata straordinariamente abile nel cavalcare le tendenze politiche, è stata fin troppo riluttante a plasmarle».

Con il paese ora in uno stato d’animo «irrequieto» nel mezzo della pandemia, il partito centrista della Merkel, la CDU, ha cominciato a perdere terreno, a conferma del fatto che, nonostante l’indiscussa integrità di un leader, i disastri possono mandare comunque tutto all’aria.

La Germania si appresta, dunque, a voltare pagina. E viste le difficoltà della CDU, sul settimanale tedesco Der Spiegel, un articolo firmato da una decina di giornalisti suggerisce che Annalena Baerbock, il candidato dei Verdi, potrebbe essere destinata ad una posizione di rilievo nel prossimo governo e forse a ricoprire la carica politica più importante, quella di cancelliere.

Baerbock rappresenta una nuova leva che affronta la vecchia guardia della CDU e dei socialdemocratici, al punto che gli autori dello Spiegel riassumono così la corsa: «Due uomini contro una donna. Due sessantenni contro una quarantenne. Due avvocati contro una politologa con un focus sul diritto internazionale. Due politici di lungo corso contro una parlamentare senza esperienza di governo. Due rappresentanti dei tradizionali partiti ‘pigliatutto’ della Germania contro il candidato di un partito che spera di diventare il prossimo grande partito ‘pigliatutto’». Annalena Baerbock e i Verdi hanno infatti la possibilità di esercitare un richiamo più ampio, suggeriscono gli autori, in quanto il cambiamento climatico è «il più grande problema che il paese si trova ad affrontare».

Non è facile prevedere quale coalizione di governo uscirà dal voto del 26 settembre, ma il gruppo di autori dello Spiegel ritengono che il risultato più probabile sia un’alleanza di governo tra i Verdi e la CDU, con Annalena Baerbock che è destinata a diventare cancelliere se il suo partito dovesse superare i conservatori alle urne.

Anche secondo Philip Oltermann, il risultato elettorale più probabile in autunno è quello di una coalizione tra i Verdi di Annalena Baerbock e la Christlich Demokratische Union di Armin Laschet e, scrive Olterman sul Guardian, uno scontro sulla politica estera potrebbe caratterizzare gli esordi della Germania nell’era post-Merkel.

Infatti, dopo le elezioni federali tedesche di settembre, la più grande economia europea sarà probabilmente guidata da una paladina dei diritti umani che manda messaggi di ghiaccio alla Russia e alla Cina, oppure da un politico accomodante che vuole che a Vladimir Putin sia data più considerazione.

«Sorprendentemente – osserva Oltermann – il primo proviene da un partito verde fondato da attivisti per la pace durante la corsa agli armamenti della guerra fredda, e il secondo presiede un partito conservatore che tradizionalmente si considera l’alleato più leale dell’America nella politica tedesca».

Finora con la cancelliera uscente, «la Germania ha imboccato per lo più una via di mezzo, alzando la voce sulle violazioni dei diritti umani e gli ideali democratici, mentre teneva nel dovuto conto anche la bramosia della sua industria per i mercati di esportazione cinesi e le forniture energetiche russe». Ma con Joe Biden alla Casa Bianca le cose sono destinate a cambiare. Anche perché la concorrenza strategica tra America e Cina, accresce la pressione sulla collocazione della Germania.

Nei Verdi, Baerbock è stata tra quanti hanno sostenuto maggiormente la necessità «di legare la politica estera tedesca più saldamente ai valori piuttosto che alle esigenze economiche» e se dovesse diventare cancelliere, ricorda Oltermann, «ha promesso di ritirare il sostegno del governo per il quasi ultimato gasdotto Nord Stream 2 tra Germania e Russia, che secondo i critici aumenterà l’influenza geopolitica di Putin». Inoltre, «facendo eco alla retorica della Casa Bianca, ha recentemente affermato che il rapporto della Germania con la Cina dovrebbe essere caratterizzato da una ‘competizione di sistemi: potenze autoritarie contro democrazia liberale’».

L’approccio di Laschet è più difficile da definire. «In Germania, il gioviale sessantenne renano ha creato l’immagine di un politico i cui interessi non si estendono oltre i confini della Renania settentrionale-Vestfalia, dove è stato capo del governo dello Stato dal 2017» e «alcuni coetanei ammettono che le percezioni circa la politica estera del candidato cancelliere della CDU potrebbero essersi formate in un periodo in cui mancavano le tensioni geopolitiche di oggi».

Ma sia Laschet che Baerbock condividono un terreno comune: concordano sul fatto che la Germania ha fatto troppo poco per rispondere alla richiesta del presidente francese Emmanuel Macron di una politica estera europea più unita e vogliono che l’Unione diventi un attore geopolitico più forte.

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