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L’inverno del nostro scontento: le rivolte in Olanda – Il Riformista, 1 febbraio 2020

In Olanda, la settimana scorsa, dopo che il governo ha imposto un coprifuoco dalle 21 alle 4:30 del mattino per fermare la pandemia da coronavirus, le rivolte hanno messo a ferro e fuoco il Paese.

I manifestanti si sono scatenati in diverse città per protestare contro l’introduzione del coprifuoco imposto dal governo in risposta ad una nuova variante del Covid-19 ritenuta più contagiosa. Ci sono state manifestazioni e scontri in 10 città,  centinaia di arresti, un centro di test Covid distrutto, negozi saccheggiati, servizi ferroviari interrotti, automobili della polizia in fiamme e vetrine in frantumi.

Secondo il sindaco di Eindhoven, John Jorritsma, che ha definito i dimostranti «la feccia della terra», il paese potrebbe essere addirittura «sulla strada di una guerra civile». Non sarà così, grazie al cielo, ma che si tratti di «un brutto segno», come ha scritto Frida Ghitis sulla World Politics Review, c’è poco da discutere.

Il fatto è, scrive Ghitis, che dato che i cittadini olandesi sono stufi delle restrizioni, tanto i politici di destra che gli estremisti di estrema destra stanno «sfruttando» il malcontento; il che lascia intendere che i disordini sono stati molto di più di un’esplosione spontanea.

«Si tratta di un intruglio malefico perfetto, con hooligans delle tifoserie del calcio che scoppiano di rabbia e di energia; politici populisti che soffiano sul fuoco; imprenditori ansiosi preoccupati per il loro futuro; e anarchici, cospiratori e oppositori assortiti che puntano a  contrastare il governo», scrive Ghitis. «Forse molte delle persone che protestavano erano lì solo per esprimere la loro frustrazione per il nuovo coprifuoco indotto dal coronavirus, ma erano anche uno strumento nelle mani di altri. I leader di destra hanno surriscaldato gli animi e i giovani stufi hanno avuto modo di sfogarsi, mentre gli estremisti politici (…) si sono mescolati alla folla, trasformando le proteste in un’esplosione di violenza. Non c’è il rischio che i Paesi Bassi precipitino in una guerra civile nel prossimo futuro. Ma i rivoltosi sono riusciti a dare al paese un motivo per lamentarsi, preoccuparsi ed arrabbiarsi».

Tutti hanno «preso nota», conclude Ghitis. Anche perché le prossime elezioni politiche nei Pesi Bassi sono fissate per il 17 marzo prossimo.

Alessandro Maran

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