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Le sfide che attendono Biden nel 2021 (e che ci riguardano) – Il Riformista, 4 gennaio 2021

Anche in America è cominciato un nuovo anno politico. Joe Biden e Kamala Harris in questi giorni sono in Georgia per sostenere i candidati democratici nei due ballottaggi che domani decideranno chi controllerà il Senato (e, dunque, il destino dell’agenda legislativa della nuova amministrazione americana).

Come sempre, una nuova presidenza rappresenta un periodo di rinnovamento e l’America (come il resto del mondo) ha un disperato bisogno di speranza in questo lungo inverno del nostro scontento, dato che il Covid-19 ha sconvolto le nostre abitudini e ci ha privato delle consolazioni di una vita normale.

Tra meno di venti giorni, Donald Trump sarà un privato cittadino. Ma i quattro anni che ha trascorso alla Casa Bianca hanno avvelenato i pozzi, diviso il paese e infettato la democrazia americana, e il suo successore, Joe Biden, sarà messo alla prova forse più di ogni altro nuovo presidente dagli anni Trenta a questa parte. La caterva di crisi che il nuovo commander in chief ha ereditato dal suo predecessore potrebbe, infatti, far impallidire le minacce al capitalismo del periodo della Grande Depressione con cui si è confrontato Franklin Delano Roosevelt.

Vista la sciagurata furia faziosa che si è impadronita dell’America (e non solo dell’America), Biden ha davanti a se un sentiero molto stretto per dare risposte politiche efficaci ai grandi problemi del paese; e per costruire, da presupposti così poco promettenti, una presidenza che lasci il segno, Biden avrà bisogno di abilità politica, di qualche errore da parte degli avversari e di una buona dose di fortuna.

«Le prossime settimane e i prossimi mesi saranno un periodo molto duro per il nostro paese – forse il più duro di tutta la pandemia. Ma lo supereremo. Verranno giorni migliori, ma per farlo ci vorrà tutta la grinta e la determinazione che abbiamo come americani», ha twittato il presidente eletto.

Nel 2021, infatti, Biden dovrà affrontare sfide impegnative (che, naturalmente, ci riguardano). Ne elenco alcune delle principali, sulle quali i giornali americani si sono soffermati in questi giorni (e in particolare Stephen Collinson e Caitlin Hu della Cnn).

La pandemia. La peggior crisi sanitaria degli ultimi cent’anni imperversa ancora fuori controllo. E tutto lascia prevedere che alla risposta fallimentare dell’amministrazione Trump al virus segua il fallimento della stessa amministrazione nella pianificazione della distribuzione e della somministrazione del vaccino. La nuova amministrazione, pertanto, deve riuscire a trovare il modo di incrementare la produzione e la somministrazione di centinaia di milioni di dosi, nell’operazione logistica più complessa delle ultime generazioni. Il destino politico di Biden probabilmente dipende da questo.

L’economia. Milioni di americani sono disoccupati e la diffusione dilagante del Covid-19 minaccia di gettare nuovamente l’economia nel baratro. L’ultimo provvedimento di sostegno (dell’ultimo minuto) che ha esteso i sussidi di disoccupazione, l’aiuto alle piccole imprese ed evitato gli sfratti, è solo una soluzione temporanea. E la disponibilità dei repubblicani ad ostacolare il soccorso Covid dello stesso Trump (che ha proposto assegni di 2000 dollari per gli americani), la dice lunghissima su quanto sarà difficile per Biden costringere il Congresso ad acconsentire al suo massiccio piano di stimolo (decisivo per spronare la crescita, vaccinare il paese e riportare i ragazzi a scuola).

Legittimazione politica. Trump continua a ripetere di aver riportato una vittoria schiacciante in un’elezione che in realtà ha perso, e la menzogna, che si è diffusa tra gli elettori repubblicani, provoca un danno enorme. Si tratta di una sfida diretta contro i ripetuti appelli all’unità del nuovo presidente che, oltretutto, ostacola anche lo sforzo nazionale per battere la pandemia (che ovviamente prevede anche di indossare le mascherine: cosa che molti conservatori giudicano una violazione della libertà personale). E la verità non ritornerà solo perché tra non molto Trump si toglierà dai piedi: ogni mossa di Biden sarà distorta e travisata da una macchina mediatica conservatrice ancora leale al suo predecessore.

Un panorama politico concitato. I repubblicani hanno fatto meglio del previsto nelle elezioni di novembre e hanno fatto significativi progressi anche alla Camera. Il che li incoraggia a contrastare i progetti ambiziosi di Biden su questioni come, ad esempio, il cambiamento climatico. Biden deve convincere i legislatori del GOP a collaborare, ma probabilmente è rimasta l’unica persona a Washington a pensare che il leader repubblicano al Senato, Mitch McConnell, possa davvero permetterlo.

Una Corte suprema ostile. Se Biden dovesse stentare a far passare al Congresso provvedimenti legislativi significativi, probabilmente cercherà di usare l’executive power in modo più ampio. Ma la nuova maggioranza alla Corte Suprema costruita da Trump ha già mostrato una certa allergia a nuove riforme sul clima, sul business e sui diritti civili, e probabilmente limiterà i poteri del nuovo presidente.

L’inquietudine tra i Dem. Biden deve cercare di sradicare le politiche razziste (e fallimentari) prevalenti nel sistema giudiziario americano. Il fatto di aver messo insieme il gabinetto più «diverso» di sempre, non è certo una condizione sufficiente ad appianare la resa dei conti sulla razza (e i metodi della polizia) che è cominciata la scorsa estate e non basterà a premiare i molti elettori afro-americani che hanno contribuito ad eleggerlo. Inoltre, lo strettissimo spazio di manovra politica, probabilmente frustrerà le aspettative della «sinistra» del partito, che vorrebbe un’iniziativa più radicale da parte del governo su questioni come l’assistenza sanitaria (e che rivendica che il suo appoggio sia stato decisivo per la vittoria).

Il mondo è in attesa. Non sarà difficile per Biden segnalare che l’America «è tornata», specialmente quando gli Stati Uniti si ricongiungeranno all’accordo di Parigi sul clima. Ma il mondo è cambiato radicalmente da quando Biden ha lasciato il suo incarico di vicepresidente solo quattro anni fa e il nuovo presidente americano deve ora fronteggiare una competizione molto accesa con la Cina e complicazioni molto serie per resuscitare l’accordo nucleare con l’Iran. Per riparare quello che molti analisti hanno descritto come il «vandalismo strategico» degli anni di Trump potrebbe volerci un mandato intero, proprio mentre il mondo si interroga sulla capacità di tenuta dell’America. In fondo, nella sua lunga (e incredibile) telefonata al segretario di Stato della Georgia (il repubblicano Brad Raffensperger), per ribaltare la vittoria di Joe Biden, Donald Trump chiede di «trovare solo 11.780 voti».

Alessandro Maran

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