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Don’t do it, Mr. President.

Se il presidente Trump, tra qualche giorno, si rifiuterà di prendere atto che l’Iran ha rispettato l’accordo nucleare, prenderà la decisone di politica estera finora più irresponsabile. “Non lo faccia signor presidente”, ha implorato il New York Times (che in questo articolo ha spiegato perché sarebbe una cattiva idea: Why Decertifying the Iran Nuclear Deal Would Be a Bad Idea – The New York Times), “Faccia lo statista, ascolti i responsabili delle forze armate e dell’Intelligence e metta la sicurezza dell’America e dei suoi alleati davanti al suo ego”.

L’attestazione non è un requisito previsto dall’accordo del 2015 con il quale l’Iran, dopo la trattativa con gli Stati Uniti e cinque altre grandi potenze, ha acconsentito di rivedere il suo programma nucleare in cambio del ritiro delle sanzioni internazionali. La certificazione è richiesta da una legge, approvata dal Congresso, che affida al presidente il mandato di decidere ogni 90 giorni se l’Iran stia rispettando gli impegni e se l’intesa sia nell’interesse nazionale dell’America.

Perciò, se il presidente americano decidesse di negare la certificazione, non “romperebbe” automaticamente l’intesa, come Trump ha promesso di fare nella campagna elettorale del 2016. Piuttosto, rimanderebbe la palla al Congresso che potrebbe decidere di imporre nuove sanzioni economiche. Il che è di per sé un rischio e, in ogni caso, se Trump mettere nero su bianco la propria contrarietà all’accordo, finirebbe per allontanare i più stretti alleati dell’America che hanno faticato duramente per raggiungere un’intesa.

Trump è intrappolato in una gabbia che si è costruito con le proprie mani. Da candidato, senza nessuna esperienza in politica estera, ha assunto una linea dura contro l’accordo, alla quale si è poi mantenuto fedele, descrivendolo recentemente nel suo discorso alle Nazioni Unite come «uno degli accordi peggiori che gli Stati Uniti abbiano mai siglato».

Un giudizio che sembra riflettere la tendenza impulsiva a ripudiare le realizzazioni del presidente Barack Obama e sembra rivelare l’influenza del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che considera l’Iran deal una farsa (palesa, inoltre, che l’antipatia storica nei confronti dell’Iran resta forte).

Trump ha acconsentito per due volte a certificare l’accordo con l’Iran e i suoi consiglieri della sicurezza nazionale lo stanno sollecitando a farlo di nuovo. Ma stando a quel che si dice, è determinato ad adempiere alla promessa elettorale entra la prossima scadenza per l’attestato del 15 ottobre. Che la International Atomic Energy Agency (IAEA), che monitora le attività nucleari dell’Iran, la comunità americana dell’Intelligence ed il Pentagono, confermino che l’Iran sta onorando gli impegni non sembra avere alcun effetto sul modo di pensare di Trump.

Mentre buona parte del Congresso si è opposta all’accordo con l’Iran quando fu negoziato, molti membri ora ne comprendono l’importanza e sono contrari a provocare un’altra crisi nucleare mentre gli Stati Uniti sono alle prese con la Corea del Nord. Ma non c’è alcuna garanzia su quel che potrà fare il Congresso se verrà presentato un provvedimento che reintroduce le sanzioni o cerca di ridiscutere l’intesa.

La cosa più intelligente (e la più giusta) da fare per Trump, insiste il NYT, sarebbe di certificare di nuovo il deal. Non c’è dubbio che per molti aspetti l’Iran sia un cattivo soggetto, in particolare in Siria e nello Yemen. Ma gli Stati Uniti avranno modo di affrontare meglio queste preoccupazioni se rispetteranno rigorosamente l’accordo nucleare e manterranno l’unità con i propri partner.

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