La settimana scorsa, il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha sollevato preoccupazioni sulla sicurezza nazionale circa il trattamento dei dati degli utenti da parte di TikTok e ha affermato che l’amministrazione Trump “sta prendendo molto sul serio” la possibilità di bandire la app, popolarissima tra gli adolescenti. Ma cos’ha che non va TikTok? A farla breve, come ha spiegato Pompeo, c’è il sospetto che app come TikTok raccolgano le informazioni private dei propri utenti in tutto il mondo per metterle “nelle mani del Partito comunista cinese”. Anche perché le leggi cinesi impongono alle società nazionali di “supportare e cooperare con il lavoro di intelligence controllato dal Partito comunista cinese”.
La settimana scorsa, il Presidente polacco Andrzej Duda è stato riletto al ballottaggio contro il sindaco di Varsavia Rafał Trzaskowski, con un margine minimo, grazie anche alla campagna particolarmente aggressiva contro quella che lo stesso Duda ha bollato come la «ideologia LGBT».
Dopo il sostegno massiccio espresso dai russi al referendum sulle modifiche alla Costituzione volute da Vladimir Putin (che gli permettono di restare al potere fino al 2036), l’Economist ha evidenziato l’aspetto farsesco del voto che, con la scusa della pandemia, è durato sette giorni: «I moscoviti hanno ricevuto messaggini che dicevano loro che, se fossero andati a votare, avrebbero potuto vincere uno dei 2 milioni di voucher del valore complessivo di 10 miliardi di rubli (140 milioni di dollari). In Siberia gli elettori sono stati attirati ai seggi con premi che andavano da uno smartphone ad una abitazione. Il responsabile di un seggio elettorale locale ha vinto un appartamento. I datori di lavoro hanno ordinato al personale di votare (…) non è stato un referendum vero e proprio (…) I cambiamenti erano già stati approvati da un Parlamento servile, approvati dalla Corte costituzionale e promulgati dal presidente».
A partire dal primo luglio Benjamin Netanyahu potrebbe sottoporre al voto della Knesset l’estensione della sovranità di Israele su tutti gli insediamenti ebraici creati in Cisgiordania dal 1967, compresi quelli nella valle del Giordano, in accordo con il cosiddetto «piano di pace» dell’amministrazione Trump, un documento di 181 pagine che ha dato il via libera all’incorporazione del 30% della Cisgiordania e che, in sostanza, suggella l’agenda espansionistica di Israele.
La lotta contro i populisti è giusta e sacra. Ma è ora di porsi una domanda: c’è un modo diverso rispetto al metodo Franceschini per ancorare l’Italia all’occidente? Parliamone
Perché Trump sta crollando nei sondaggi? Perché, si dirà, non piace a nessuno, ovvio. Ma le cose sono un pò più complicate. The Surge, la divertente newsletter settimanale che il magazine americano Slate dedica alla campagna presidenziale, la scorsa settimana ha elencato quelle che, nel linguaggio dei media digitali, sono descritte come «snackable nuggets» (cioè concetti veloci e facili da sgranocchiare come crocchette): gli andamenti demografici ed i temi che stanno dando a Trump dei problemi (quasi tutti), gli andamenti demografici ed i temi che stanno dando a Biden dei problemi, che cosa significa l’«enthusiasm gap» (non molto), e così via.
Come ha osservato di recente Fareed Zakaria, il conduttore del più importante programma di politica internazionale della CNN, la diplomazia aggressiva della Cina le si sta ritorcendo contro. Mentre il mondo intero è ancora alle prese con il Covid-19, la Repubblica popolare cinese sembra usare la catastrofe globale per espandere la propria influenza, garantirsi vantaggi e riaffermare la propria leadership in Asia. Il 2 aprile scorso ha speronato e affondato un peschereccio vietnamita nel Mar cinese meridionale; il 28 maggio ha approvato la legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong togliendo alla città ogni speranza di autonomia; il 29 maggio ha minacciato un’azione militare contro Taiwan «se non ci sarà un altro modo per impedirle di diventare indipendente»; tra il 5 maggio e il 15 giugno ha attaccato l’India lungo il confine che separa il Ladakh dall’Aksai Chin. E quel che più sorprende sono proprio «i grossolani errori strategici della Cina». Dall’incursione al confine con l’India alle tensioni crescenti con l’Australia (e le Filippine, il Vietnam, il Giappone, ecc.), la Cina si sta alienando i vicini. Al punto che, come sostiene il conduttore di Global Public Square, «per colpa delle azioni degli ultimi anni sotto Xi Jinping», la Cina «oggi si trova nella stessa situazione strategica dell’Unione sovietica durante la Guerra fredda, circondata da paesi sempre più ostili».
Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, l’uomo conosciuto come «l’ultimo dittatore in Europa», si è meritato un marchio d’infamia per la risposta noncurante e strafottente al Covid-19. La Bielorussia è stata probabilmente l’unico paese al mondo a comportarsi come se la pandemia non esistesse. Il governo, infatti, si è rifiutato di assumere misure di contenimento e ha trattato il Covid-19 come se fosse poco più di un’influenza, arrivando a sostenere che il coronavirus «si ammazza bevendo vodka, 40-50 millilitri al giorno, ma non al lavoro, e facendo la sauna tre volte alla settimana».
Il primo luglio la Germania assumerà la presidenza di turno della Ue per un semestre che come priorità assoluta avrà, ovviamente, quella di trovare un accordo sul Recovery Fund, un pacchetto senza precedenti, in termini di portata finanziaria e politica, ma sui cui dettagli (a cominciare dal suo ammontare complessivo di 750 miliardi di euro, di cui 500 miliardi di sovvenzioni) i 27 paesi membri sono ancora profondamente divisi.
Le donne hanno gestito la pandemia meglio dei loro colleghi uomini? Pare di sì. La prima a notare che i paesi guidati da una donna se la sono cavata meglio, è stata Avivah Wittenberg-Cox, esperta di leadership e gender balance, con un articolo sulla rivista economica Forbes, poi ripreso anche da Cnn e da molti altri. Sull’argomento è tornato la settimana scorsa anche Nicolas Kristof che, nella sua rubrica sul New York Times, si è chiesto: “Come mai i tassi di mortalità del coronavirus sono di gran lunga inferiori nei paesi governati dalle donne?”. Confrontando i tassi di mortalità del coronavirus in 21diversi paesi,13 dei quali guidati da uomini e 8 guidati da donne, si osserva infatti che mentre i primi hanno patito una media di 214 decessi da coronavirus per milione di abitanti, quelli guidati da donne hanno registrato solo un quinto di quei decessi, 36 per milione. Il che fa dire a Kristof che se gli Stati Uniti avessero avuto il tasso di mortalità medio di uno dei paesi con una donna a capo del governo, si sarebbero potute salvare le vite di 102.000 dei 114.000 americani deceduti.