Il malessere dell’economia regionale. Gli alti tassi di interesse praticati alle imprese locali.
LE SOFFERENZE DELLE IMPRESE
Il governatore e il neoinsediato consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia partono con tante aspettative e tanti problemi irrisolti, alcuni dei quali, come la gestione del credito alle attività produttive, a lungo trascurati dall’agenda politica degli ultimi anni.
Va da sé che si tratta di un tema cruciale per il futuro dell’economia regionale (e, di riflesso, per le casse regionali, che si alimentano anche delle compartecipazioni alle imposte), che andrà attentamente studiato e tenuto sotto osservazione.
Anche perché le notizie che, per esempio, riguardano l’andamento dei tassi di interesse praticati sul breve termine a fine 2002 ci dicono che la piazza triestina equivale per costi a quella di Cagliari, con una discesa di ben 36 posizioni rispetto alla graduatoria nazionale dell’anno precedente.
A Gorizia e Pordenone il ruzzolone è stato meno rovinoso, ciononostante i nostri due capoluoghi di provincia si trovano in compagnia di piazze come Bari, Matera e Sassari, vale a dire aree nelle quali sino a un decennio fa operava la Cassa del Mezzogiorno e che oggi non possiamo propriamente definire floride. Ma che cosa sta succedendo?
Le difficoltà economiche regionali hanno cominciato a stringere da molti mesi settori come la meccanica e il legno e ormai si stanno trasmettendo al comparto alimentare, al tessile e ai mezzi di trasporto. Molti imprenditori hanno magazzini strapieni e prospettive incerte, altri non riescono a onorare le scadenze di pagamento; le sofferenze bancarie tendono a crescere e con esse l’allerta dei banchieri, che per uscirne ricorrono il più delle volte alla vecchia terapia di farsi restituire l’ombrello proprio nel momento in cui piove a dirotto.
E quindi: rientro dai fidi o loro drastico ridimensionamento, molte più garanzie reali a chi chiede prestiti e rialzo generalizzato dei tassi a breve (a Gorizia sono saliti a fine 2002 al 7,4%).
Inoltre, pare di capire che il riassetto e la privatizzazione degli istituti bancari dell’ultimo decennio, molti dei quali sotto stress per l’andamento della propria quotazione azionaria, abbiano stimolato oltre il ragionevole una sorta di azione preventiva che finisce per colpire nel mucchio sia chi non dà prospettive di solvibilità sia chi solvibile lo è, ma ha la sfortuna di operare in un’area geografica ritenuta non più tranquilla.
Ma anche se così fosse (una tranquillità minacciata o perduta), resta pur sempre da spiegare sulla base di quali valutazioni questa parte del Nord-Est si accompagni in termini di caro-denaro a piazze come Matera e Sassari. A meno che, beninteso, i rincari del 2002 non si spieghino invece con una logica di mera compensazione e cioè si cerchi di prelevare di più a chi può permetterselo in modo da tenere in piedi la media nazionale dei proventi.
Resta il fatto che le cose sono messe un po’ male e che potrebbero perfino peggiorare. Gli accordi europei in materia (Basilea 2) pongono per esempio più di un dubbio sull’operatività dei Congafi, sul loro prezioso ruolo di garanti dei prestiti forniti agli associati, ruolo che domani potrebbe doversi evolvere in quello di vera e propria banca con prospettive per niente chiare nei loro sbocchi.
C’è quindi più di una preoccupazione con cui dover fare i conti e il tema dovrebbe forse far capolino tra le priorità della giunta regionale, soprattutto se si considera la lieta spensieratezza di chi finora ha assistito inerte a questo declino, indulgendo magari in suggestioni come il ruolo di cerniera della regione o le nuove competenze in politica estera, cose ottime e giuste, ma che rischiano di rivelarsi un miraggio se i nostri imprenditori faticano come e più di quelli di Sassari e Matera per cavarsela senza che nessuno (o quasi) presti loro soccorso.
Deputato Ds – l’Ulivo