GIORNALI2011

Europa, 20 aprile 2011 – Europa senza leadership

La tempesta che scuote l’Europa non è soltanto economica è soprattutto politica. Al banco di prova della crisi, l’Europa si è dimostrata divisa, spenta, incapace di fornire risposte comuni. Al punto da avere messo a repentaglio la stessa sopravvivenza della moneta unica. E ora che il vento dell’ultradestra agita perfino la Finlandia, le prospettive per un rilancio del processo d’integrazione sembrano allontanarsi. Eppure il nostro futuro dipenderà dalla capacità dell’Europa di agire davvero come Unione. «Solo così – ha ricordato, infatti, il Capo dello Stato – si potrà non solo superare l’attacco all’euro e una insidiosa crisi finanziaria nell’Eurozona, ma aprire una nuova prospettiva di sviluppo dell’economia e dell’occupazione nel nostro continente, ed evitare il rischio della sua irrilevanza o marginalità in un mondo globale che cresca lontano da noi».
L’Unione europea, oggi più che mai, ha bisogno di leadership e di scelte politiche coraggiose. La crisi dell’euro rende evidenti i termini della questione: o si abbandona la moneta unica o si va avanti.
La moneta unica, basata sulla cessione di sovranità in campo monetario, non potrà, infatti, reggere in eterno senza un’eguale concessione di sovranità fiscale e politica.
Senza contare che la nuova sfida dell’Ue è quella di impostare una nuova politica di sicurezza e cooperazione diretta verso Sud che, pur nella diversità degli strumenti, punti ad essere almeno altrettanto efficace di quella condotta con lo strumento dell’allargamento verso Est. Anche perché il debito, il deficit di bilancio e il costo dei programmi di protezione sociale, imporranno agli Usa un’agenda internazionale più modesta: per l’Europa è l’occasione a lungo attesa per accelerare il decollo della difesa comune.
Ma l’Unione europea ha bisogno di leadership e di scelte politiche coraggiose per molte ragioni. Bisogna superare l’affievolimento delle ragioni costitutive del processo di integrazione, una «debolezza ideologica» che nasce dalla difficoltà di individuare nuovi traguardi e orizzonti comuni. Occorre affrontare il distacco crescente fra i cittadini e le istituzioni politiche dell’Ue: un distacco reso evidente dal calo delle percentuali di partecipazione al voto per il Parlamento europeo e dal fatto che la Commissione è percepita dai cittadini come la più distante tra le istituzioni europee.
Bisogna rilanciare il dinamismo politico del sistema comunitario.
Oggi il sistema d’integrazione progressiva e funzionale sembra aver esaurito lo stimolo che aveva permesso i progressi dell’unificazione europea, col rischio che si sviluppi una forza centrifuga non solo fra gli Stati membri, ma al loro interno.
Inoltre, l’Unione europea ha bisogno di leadership e di scelte politiche coraggiose perché all’aumento delle competenze, ai progressi istituzionali degli ultimi decenni, non è corrisposto un aumento dei poteri di controllo e partecipazione democratica da parte dei cittadini europei.
Al contrario, è aumentata la distanza fra le istituzioni della Ue (che si sono rafforzate) e i cittadini europei: i processi politici prevalenti sono quelli nazionali (perché democraticamente più controllabili) mentre lo spazio europeo resta sfibrato, svigorito.
Di conseguenza, il processo di riforma istituzionale non ha un sufficiente sostegno da parte dell’opinione pubblica.
Per queste ragioni l’Unione europea ha bisogno di una leadership che sappia far valere il punto di vista europeo di fronte al riemergere di spinte intergovernative e nazionaliste; che possa trovare la sua fonte di legittimazione non solo nei governi nazionali e nel Consiglio, ma anche e soprattutto nel Parlamento e nella cittadinanza europea, e perciò sia portata ad esprimere costantemente un punto di vista originale ed autonomo, tramite il quale ridare slancio alla prospettiva europea; e che sia chiamata poi a rispondere delle posizioni assunte.
I tempi sono maturi per una scelta, quella di un presidente eletto direttamente e dunque legittimato dalla maggioranza degli elettori europei, caldeggiata dagli studiosi di questioni europee (rinvio a un documento dell’Istituto affari internazionali del marzo 2009) e che i cittadini europei, in vario modo, chiedono da tempo.
Una «semplificazione» che potrebbe evitare l’approfondirsi del divario tra poteri e competenze europee e l’interesse del cittadino, che vuole poterli controllare democraticamente.
L’elezione diretta del Presidente, può aiutare a rovesciare la sempre più evidente tendenza alla sfiducia dei cittadini nell’Unione europea e consentirebbe ai partiti politici europei di dotarsi di un portavoce del programma con il quale essi intendono presentarsi alle elezioni europee, rendendo così più semplice, per i cittadini europei, la scelta del partito politico da appoggiare; una scelta ancora oggi troppo spesso condizionata dagli interessi politici nazionali.
La Ue ha bisogno di un simbolo dell’unità d’Europa e di qualcuno che la rappresenti. E di fronte all’affievolimento delle ragioni costitutive del processo di integrazione, di fronte all’afasia delle famiglie politiche europee, è venuto il momento, come suggeriva Tommaso Padoa-Schioppa di «dare un volto alla democrazia europea».

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