GIORNALI2011

qdRmagazine, 26 aprile 2011 – Il fardello degli Usa

Invocando la responsabilità delle autorità libiche di proteggere la loro popolazione, la risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza ha ridato nuova vita al principio di «Responsability to Protect». Ma nel suo discorso a Washington, rilevando che «ci saranno momenti in cui la nostra sicurezza non sarà minacciata direttamente, ma lo saranno i nostri interessi e i nostri valori», Obama ha anche voluto sottolineare che «in questi casi, non dobbiamo aver paura di agire, ma il fardello dell’azione non deve essere solo dell’America». Il fatto è che l’era segnata da una politica estera americana espansiva sta finendo. Il debito e il deficit di bilancio, alimentato dal crollo finanziario e dal costo dei programmi di protezione sociale (come la nuova legislazione sanitaria) obbligheranno gli Usa ad un’agenda internazionale più modesta. Il che influenzerà il mondo intero poiché gli Usa hanno investito storicamente un ruolo globale senza precedenti, funzionando, di fatto, come una sorta di governo del mondo. Ciò significa che, in tempi di ristrettezze per la politica americana, il mondo avrà meno governo. Probabilmente, la scarsità aiuterà gli Stati Uniti a commettere qualche errore di meno (come l’espansione della Nato a Est e la disastrosa occupazione dell’Iraq), ma comporterà anche il venir meno di alcuni dei servizi internazionali forniti dagli Usa nei due decenni post-guerra fredda. Verosimilmente, non ci saranno ulteriori interventi militari che richiedano sforzi (costosi, protratti e frustranti) di state building come in Afghanistan e in Iraq, ma altrettanto probabilmente l’America non potrà più fornire un mercato così grande per le esportazioni di altri paesi. Agli Usa rimarranno in ogni caso oneri internazionali straordinari: assicurare la sicurezza in Europa e in Asia orientale; opporsi alla diffusione di armi nucleari; garantire un contesto geopolitico sicuro per il commercio internazionale, compreso l’accesso globale al petrolio. Il punto è che sono molti i paesi che beneficiano (enormemente) da queste politiche, ma non sono altrettanto numerosi i paesi che aiutano ad assicurarle. Da qui la necessità americana di condividere responsabilità e costi con gli alleati, a cominciare da quelli della Nato. Per l’Europa è l’occasione a lungo attesa per accelerare il decollo della difesa comune. Senza contare che oggi la nuova sfida dell’Ue è quella di impostare una nuova politica di sicurezza e cooperazione diretta verso Sud che, pur nella diversità degli strumenti, punti ad essere almeno altrettanto efficace di quella condotta con lo strumento dell’allargamento verso Est. Ma riuscirà a non dividersi?

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