L’Iran è tra i Paesi più colpiti dalla pandemia da Covid-19. Sembra che il primo focolaio di coronavirus si sia sviluppato nella città santa di Qom per poi raggiungere ogni angolo del Paese e dilagare in tutto il Medio Oriente; e sembra anche che le autorità iraniane abbiano tentato di nascondere la reale portata del contagio (il 21 febbraio si dovevano svolgere le elezioni politiche e le notizie sul virus avrebbero potuto scoraggiare gli elettori) e che la situazione sia più grave di quanto non appaia. Stando infatti all’ufficio regionale dell’Organizzazione mondiale della sanità, «il numero di casi riportati dalle fonti ufficiali potrebbe essere soltanto un quinto di quelli reali».
Ma con la crisi che galoppa, più ancora del contagio, le autorità iraniane temono il possibile collasso socio-economico e l’implosione della Repubblica islamica, già duramente provata dagli effetti delle sanzioni economiche americane e scossa dal malcontento sociale. Per questo, il mese scorso, il governo deciso di allentare il blocco e rimettere in moto il paese. Ma in questi giorni, a sole tre settimane di distanza dalla riapertura, il paese è stato colpito da una nuova impennata di contagi.
La stabilità dell’Iran sembra sempre più a rischio e non è da escludere che la gestione del Covid-19 possa facilitare il riemergere di un movimento di protesta. Si sa che ad ogni segno di agitazione, gli analisti occidentali si chiedono se il regime rivoluzionario iraniano sia ormai giunto al tramonto, ma questa volta la questione non è da sottovalutare.
Il leader supremo del paese, l’ayatollah Ali Khamenei, che guida il paese dal 1989, ha ormai ottant’anni, è sopravvissuto ad un cancro alla prostata e non gode di buona salute. Cosa accadrà al paese se dovesse morire?, si è chiesto Dexter Filkins in un lungo articolo sul New Yorker. Nessuno sa con certezza chi sarà il suo successore. Senza contare che il processo di selezione avviene con modalità che ricordano l’elezione del Papa. Ma non è da escludere che si sviluppi una lotta di potere tra fazioni rivali e visioni concorrenti (che vanno da un modello di autocrazia simile a quello cinese, in grado di combinare rigido controllo politico e apertura economica, a qualcosa di più restrittivo, fino ad un modello più tollerante e meno religioso) all’interno dei Guardiani della Rivoluzione, la potente organizzazione militare che agisce da «governo ombra», la cui influenza si estende a gran parte della società e dell’economia dell’Iran.
Nel suo reportage, Dexter Filkins racconta dell’incontro con un anonimo ex leader riformista che ha trascorso sette anni in prigione (ma che è rimasto in contatto con quei funzionari del regime che la pensano come lui): «Negli alti livelli di governo e delle forze armate imperversano le ipotesi su quanto resti da vivere a Khamenei. ‘La lotta per succedergli è già iniziata’ ha detto il mio ospite. Ma Khamenei ha trascorso decenni piazzando uomini di fiducia in tutte le principali istituzioni del paese e costruendo un sistema che lo serve e lo protegge. ’Khamenei è come il sole, e il sistema solare gli orbita attorno’, mi ha detto. ’Questa è la mia preoccupazione: Cosa succede quando si toglie il sole dal sistema solare? Il caos’».
Quanto alla gestione dell’emergenza da parte del governo, Filkins descrive un governo preoccupato soprattutto di controllare il flusso di informazioni. La gestione della pandemia, insomma, si aggiunge alle tante ragioni di insoddisfazione del popolo iraniano, aumentando il malcontento dopo che le grandi proteste dello scorso autunno hanno già rivelato che il sostegno al regime è molto precario. E se alla fine fosse un virus (e non l’America) a destabilizzare, dall’interno, il regime degli ayatollah? Dopotutto, nel bellissimo cartone animato della Disney, Merlino sconfigge la terribile Maga Magò mutandosi in un germe che la infetterà e la costringerà a letto. Un virus, infido come tutti i virus, che la fattucchiera non poteva vedere e non era in grado di debellare.