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«Il mondo post-Covid-19, verso l’anarchia internazionale?» – Il Riformista, 13 maggio 2020

A quanto pare, gli Stati Uniti si preparano ad una campagna elettorale infarcita di teorie del complotto. Il presidente Trump e i suoi principali collaboratori insistono sulla tesi che il Covid-19 provenga da un laboratorio di Wuhan e il Partito Repubblicano, sembra aver trovato la strategia elettorale per il 2020: «dare addosso alla Cina». E’ quel che si legge nel «Corona Big Book», il rapporto redatto da una società di consulenza ottenuto da Politico (e fatto filtrare, sembrerebbe, dal GOP del Senato), che raccomanda ai candidati repubblicani «non difendete Trump … attaccate la Cina».

Va da sé che una campagna elettorale piena di attacchi alla Cina non aiuterà le relazioni sino-americane e, sul piano internazionale, non gioverà a nessuno. Come ha scritto Stephen Roach su Project Syndicate: «Unaltra Guerra fredda è già abbastanza grave. La combinazione tra xenofobia e una disoccupazione vertiginosa ricorda momenti della storia molto più dolorosi. Basta pensare agli anni 30».

Anche la Cina è diventata più aggressiva. Pechino sta aumentando le attività navali nelle acque contese del Mar cinese meridionale; gli attivisti del movimento a favore della democrazia ad Hong Kong sono stati arrestati e i nuovi «intermediari» di Pechino hanno invocato una legge per impedire l’infedeltà nei confronti del governo continentale; in una dichiarazione recente, i rappresentanti di Pechino hanno proclamato il loro diritto di intromettersi nella politica di Hong Kong e c’è da chiedersi se «Un paese, due sistemi», la formula coniata dall’ex leader cinese, Deng Xiaoping, che regola i rapporti tra Hong Kong e la Cina e che prevede il riconoscimento di un’unica sovranità all’interno della quale coesistono diverse realtà amministrative, non sia ormai morta e sepolta.

Lo stesso vale oltre il «cortile di casa» della Cina. I diplomatici cinesi, un tempo molto prudenti, sono diventati più assertivi e combattivi, criticano la reazione al Covid-19 dei paesi occidentali e diffondono teorie cospirative. Il Global Times, il tabloid quotidiano cinese (prodotto dal quotidiano ufficiale del Partito comunista cinese, il Quotidiano del Popolo) che si concentra sulle faccende internazionali, reclamizza la nuova «diplomazia del Wolf Warrior», alludendo al film d’azione cinese del 2015 e al sequel del 2017. E intanto che distribuiva provviste e benevolenza, la Cina ha anche adottato le tattiche russe per controllare la «narrazione» online sul Covid-19.

Ma mentre gli analisti si chiedono se gli Stati Uniti e la Cina usciranno dalla crisi causata dal Covid-19 rafforzati o indeboliti, l’ex Primo Ministro australiano e attuale presidente dell’Asia Society Policy Institute, Kevin Rudd, sostiene in un saggio su Foreign Affairs che è probabile che entrambi i paesi «emergano da questa crisi significativamente ridimensionati. Dalle rovine non sorgerà né una nuova Pax Sinica né una rinnovata Pax Americana. Piuttosto, entrambe le potenze saranno indebolite, al loro interno e allesterno. E il risultato sarà una lenta ma costante deriva verso lanarchia internazionale in tutti campi, dalla sicurezza internazionale al commercio, fino alla gestione delle pandemie». Visto che «nessuno dirige il traffico, varie forme di dilagante nazionalismo stanno prendendo il posto dellordine e della cooperazione. La natura caotica delle risposte nazionali e globali alla pandemia si presenta perciò come un avvertimento in merito a ciò che potrebbe accadere su una scala molto più ampia».

Inevitabilmente, entrambi i paesi soffriranno dei contraccolpi economici (la contrazione del Pil nel 2020 per gli Stati Uniti e la crescita zero per la Cina, che segna la peggiore performance dalla Rivoluzione culturale) e ciascun paese dovrà fare i conti con una politica ulteriormente lacerata dalle divisioni, anche all’interno del partito di governo cinese. Sul piano internazionale, la diplomazia apertamente aggressiva della Cina e il fatto che il Covid-19 abbia avuto origine all’interno dei suoi confini potrebbero ridurre «a brandelli» il soft power cinese, mentre la performance da «ciarlatano», da vero e proprio «con-man», del presidente Trump ricorda a tutti che non si può fare affidamento sugli Stati Uniti. Prima del Covid-19, scrive tuttavia Rudd, parlare di una «Guerra fredda» tra Stati Uniti e Cina poteva sembrare «prematuro», ma dato che la pandemia ha accresciuto le tensioni preesistenti, quella descrizione suona ora più appropriata. Il guaio è che nessuna delle due potenze sarà abbastanza forte o abbastanza «coinvolta» da mantenere in funzione l’ordine internazionale fondato sulle regole. E trovare un vaccino, in questo caso, sarà particolarmente difficile. Eppure, anche in questo caso, siamo tutti sulla stessa barca. Prossima fermata, le cinquantanovesime elezioni presidenziali della storia degli Stati Uniti. Il prossimo 3 novembre.

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