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Matteo Renzi all’assemblea dei gruppi dem: «Le riforme stanno cambiando l’Italia»

Martedì scorso, per la prima volta, Matteo Renzi si è presentato all’Assemblea dei gruppi parlamentari del Pd di Camera e Senato con un lungo discorso scritto (Il discorso di Matteo Renzi ai gruppi parlamentari del Pd).

«Perdonatemi se non sarò breve: del resto sono reduce da una visita a Cuba e dunque non potete certo aspettarvi un discorso da 140 caratteri», ha ironizzato il premier che poi ha esordito risolutamente: «Giudico la stagione che stiamo vivendo una stagione di straordinario rilievo, destinata ad entrare nella cronaca del nostro Paese: forse non nella storia, perché la storia è troppo grande per occuparsi di noi. Ma nella cronaca sì. La mia convinzione infatti è che ciò che – tutti insieme – stiamo facendo è destinato a cambiare in modo profondo e strutturale la politica italiana».

Nel suo discorso, rivolto ai parlamentari dem, Matteo Renzi ha messo nero su bianco l’agenda del governo, ha enucleato «i venticinque punti chiave della legge di stabilità», ha offerto «almeno cinque elementi di profondo ottimismo», ha chiarito le ragioni che fanno di questa fase politica «il momento migliore dall’inizio della legislatura» ed ha ribadito con convinzione «l’Italia è ripartita. L’Italia è ripartita, lasciatemelo ripetere».

Il premier ha assestato anche qualche sganassone, a destra e a sinistra. Secondo Matteo Renzi, partecipando alla manifestazione della Lega a Bologna, «Silvio Berlusconi conclude una parabola. Nel 1994 lui si è presentato come l’uomo del fare, come l’uomo che voleva smuovere l’Italia dal pantano, l’uomo che voleva regalare un sogno in positivo. La manifestazione della Lega è stata lanciata da Salvini a Ponte di Legno dicendo che per tre giorni la destra avrebbe bloccato l’Italia. È stata lanciata come proposta di sciopero: nessuno compri più niente. Chi non ha visto quel video lo vada rivedere, se proprio non ha niente di meglio da fare: nessuno vada ad acquistare cose, perché per giorni blocchiamo l’Italia. I bla bla block del terzo tipo, li ha definiti qualcuno. Berlusconi sposa la filosofia dei bla bla block. È la conclusione di una parabola lunga 20 anni. Non voglio dire che è tutto finito in quell’area, anzi. Io credo che qualcosa accadrà, perché non è possibile che si lascino disintegrare da soli. Il tasto dell’autodistruzione va bene, ma fino ad un certo punto. Io credo che in quell’area nei prossimi anni succederà qualcosa che dobbiamo essere pronti ad affrontare. Non dobbiamo fare l’errore storico della sinistra di sottovalutare lo schieramento avversario. Qualcosa accadrà e, aggiungo io, prima accade e meglio è per la tenuta del sistema democratico. Ma Berlusconi che insegue Salvini, che scimmiotta la destra lepenista è il simbolo di una stagione che si chiude».

Non le ha mandate a dire neppure alla sinistra che Stefano Fassina nei giorni scorsi ha presentato come «alternativa al liberismo da Happy days del segretario del Pd». «A sinistra – ha spiegato il premier – l’operazione che stanno tentando alcuni nostri anche ex compagni di viaggio è secondo me intrisa di ideologismo. La rispetto, ma fa a pugni con la realtà. L’obiettivo della politica è fare i conti con la realtà, non confondere la realtà per ciò che non è. Il loro non è progetto politico, ma delirio onirico. Oggi non c’è uno spazio alla nostra sinistra per tentare di cambiare l’Italia. Anni di storia del PCI insegnano che il velleitarismo è il nemico peggiore di chi ama la politica. La politica è cambiare davvero la vita della gente, non fingere di mettersi in pace la coscienza con obiettivi irrealizzabili. Questo è il tempo delle riforme, non dei proclami. È il tempo della crescita, non della decrescita. La decrescita è felice solo per chi sta già bene, funziona per chi vive nei salotti. Nelle periferie del nostro scontento la decrescita non funziona. Le prossime elezioni, anche quelle locali, le vinceremo nelle periferie, non nei salotti del centro storico. Non c’è misura più efficace per contrastare la povertà che quella di scommettere sulla crescita. Lo dice chi per la prima volta nella storia repubblicana ha introdotto nella Legge di Stabilità una misura contro la povertà: abbiamo stanziato 600 milioni di euro, che si sommano ai 400 già stanziati e a 100 milioni di euro presi insieme alle fondazioni bancarie. Detto che per la prima volta c’è una misura contro la povertà io sostengo anche che la vocazione della sinistra riformista è, come avrebbe detto quel grande statista svedese, combattere la povertà e non la ricchezza. La sinistra ideologica non vincerà, mai. Al massimo aiuta la destra a vincere».

Renzi ha parlato senza peli sulla lingua anche del Pd. «In tutto il mondo – ha sottolineato – noi, il Pd, siamo percepiti come la realtà più di sinistra che esiste in Europa. Ma soltanto in Italia ci si affaccia a dare patenti di sinistra più o meno veritiere. Noi siamo quelli, con la nostra segreteria, che sono entrati nel PSE. Abbiamo riportato in edicola l’Unità (qualcuno di voi la sta anche lasciando in edicola, se magari va a comprarla è anche meglio). Le nostre feste si chiamano Festa dell’Unità. Dalla povertà al sociale, dagli 80 euro alle case popolari, io ritengo che la nostra azione sia ispirata da una visione chiaramente di sinistra. Qui nessuno è autorizzato a dare all’altro il marchio docg su cos’è più di sinistra e cosa lo è di meno».

«Non è che la ditta è di sinistra se governa qualcuno – ha puntualizzato il premier – e diventa un partito personale di destra se il congresso lo vince un altro. Non è che in Parlamento si fa ciò che decidono gli organi collegiali, se il congresso lo ha vinto Tizio, e invece siamo all’anarchia, per non dire libertà di coscienza – dall’omicidio stradale alla legge elettorale – se il congresso lo ha vinto Caio.  O il PD è sempre un partito, o non lo è mai. O le regole si rispettano sempre o non si rispettano mai. Cari amici e compagni: o le regole valgono sempre, o non valgono mai davvero. L’afflusso più consistente in questo gruppo parlamentare non è arrivato dal presunto partito dalla nazione o dal movimento di Verdini – che qualcuno cita tutte le volte facendogli il più grosso regalo – l’afflusso più grande in questo partito è arrivato da SEL, che con noi aveva corso in “Italia bene comune”. Rispetto chi come Pippo, Stefano, oggi Alfredo, ci lasciano o ci hanno lasciato. Ma per Alfredo, Pippo e Stefano che ci lasciano, abbiamo accolto Ferdinando, Sergio, Titti, Luigi, Fabio, Gennaro, Martina, Ileana, Nazzareno, Michele, Alessandra, che sono arrivati. Si può far credere che stiamo smottando a sinistra, ma è vero il contrario».

Insomma, un discorso da leggere.

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