Unioni civili: il mio intervento all’assemblea dei senatori del PD – 26 gennaio 2016

Riporto l’intervento che ho svolto all’assemblea dei senatori del PD che stamattina ha dato il via libera all’impianto del Ddl Cirinnà:

Vi dico la mia opinione. Non possiedo, ovviamente, verità rivelate e indiscutibili. Ma se guardo a quel che accade intorno a noi, mentre la legge sulle unioni civili prosegue faticosamente il suo iter, che cosa vedo? Vedo che il mondo occidentale è attraversato da un movimento tellurico, da un terremoto paragonabile, per intensità ed effetti, al processo, alla lunga marcia, che nella prima metà del secolo scorso ha portato alla piena cittadinanza femminile. Oggi, in tutto l’Occidente, il tema è il riconoscimento pubblico del diritto degli omosessuali a vivere in piena libertà la loro sessualità e la loro relazione di coppia; e dappertutto il tema è anche il riconoscimento della loro capacità di costituire un luogo di intimità, solidarietà, amore – in altre parole, una famiglia – che non esclude la presenza di bambini da crescere e da educare. In molti paesi si è passati dalla legalizzazione delle unioni civili all’accesso egualitario al matrimonio. In Irlanda si è celebrato addirittura un referendum costituzionale. E vale davvero la pena, per chi non l’avesse fatto, di dare un’occhiata alla sentenza della Corte suprema americana del giugno 2015 che ha dichiarato costituzionale il matrimonio gay e che, ancora una volta, si è presa la responsabilità di cambiare volto alla civiltà occidentale. Una sentenza che, oltretutto, ci dice che la visione umanistica cattolica non è l’unica visione possibile. Ci sono altre visioni umanistiche possibili non meno ricche, non meno profonde, come quella che vede nella famiglia una realtà preziosa e forte proprio perché è capace di cambiare ed è capace di aprirsi ad esperienze vitali nuove. È questo che dà forza e legittimazione al mutamento di opinione, ormai maggioritario e irresistibile in tutti i paesi occidentali, a favore delle unioni dello stesso sesso. La storia del matrimonio è una storia di continuità e di cambiamento. Una storia che è cambiata – dai matrimoni combinati ad oggi – col cambiare del ruolo e dello status della donna. Cambiamenti che hanno rafforzato e non indebolito l’istituzione familiare. Le decisioni che riguardano il matrimonio – a partire dalla decisione se e con chi sposarsi – sono tra le più intime che un individuo può prendere, tra le più importanti nella nostra auto definizione. Quelle scelte formano il nostro destino individuale. E due persone insieme, sottolinea la Corte suprema americana, possono trovare in quel legame, comunque lo si chiami, altre libertà: l’espressione, l’intimità, la spiritualità. E questo è vero per tutte le persone indipendentemente dal loro orientamento sessuale. Su questo sfondo, la situazione italiana appare ormai decisamente anomala. Mentre si allarga sempre più il fronte dei paesi che riconoscono il matrimonio, l’Italia non ha ancora neppure una regolamentazione delle unioni. Non nego che la gradualità in trasformazioni così importanti sia probabilmente necessaria. Rispetto alla situazione internazionale il Ddl Cirinnà è, infatti, una soluzione di compromesso e si colloca in un punto piuttosto moderato rispetto alle leggi degli altri paesi. La stessa stepchild adoption è già una soluzione di compromesso rispetto all’accesso pieno all’adozione. Si vuole ribadire il divieto alla maternità surrogata? Si vogliono mettere dei paletti? D’accordo. Ci stiamo lavorando. Ma l’adozione del figlio del partner da parte dell’altro è una norma di buon senso che mira a garantire a bambini che vivono nella coppia la continuità affettiva. L’argomento che sarebbe un incoraggiamento alla maternità surrogata è pretestuoso: per quanto si possa essere contrari alla maternità surrogata, porre il peso di questa disapprovazione sulla legge per le unioni civili è del tutto insensato. Oltretutto, si vuol davvero scoraggiare la maternità surrogata? È questo che si vuole? Allora dobbiamo prevedere la possibilità della piena adozione anche per la coppie omosessuali. Se invece si dice che il bambino deve avere una mamma e un papà, allora le questione è un’altra. Allora non è in discussione la maternità surrogata ma la genitorialità. E quel che si rifiuta è la possibilità che le coppie omosessuali possano essere genitori efficaci. Questa resistenza è probabilmente l’indice che misura realisticamente le idee e i pregiudizi che abbiamo in merito all’omosessualità. Dico pregiudizi perché sono ormai reperibili gli studi su come funzionano i genitori omosessuali sulla base delle esperienze in nord Europa e in America. E gli studi disponibili ci dicono che funzionano come gli altri. Dico pregiudizi perché nel momento in cui riconosco che l’omosessualità non è una patologia, se riconosco che non è una malattia, se non consideriamo più immorale l’intimità tra due persone dello stesso sesso e se questa convinzione non è più, come in passato, incarnata dalla legge penale, allora devo ammettere all’interno della mia cultura una variante di sistema familiare che non è la mia, che non è quella in cui sono cresciuto. E lo Stato deve accordare rispetto ad interessi della persona cosi fondamentali. Aggiungo che pensare di arginare la forte spinta al riconoscimento delle coppie omosessuali è un’illusione. L’Italia non è un luogo chiuso e separato e vive necessariamente le stesse dinamiche degli altri paesi occidentali; e le trasformazioni della famiglia che nell’ultimo secolo, proprio in conseguenza del mutato ruolo sociale delle donne, hanno interessato tutti i paesi dell’Occidente, coinvolgono necessariamente anche il nostro paese. Ed è impossibile pensare di ignorarle.