Informativa del Ministro della giustizia sulla vicenda di Giulia Ligresti e conseguente discussione.

Resoconto stenografico della seduta n. 134 del 05/11/2013

Informativa del Ministro della giustizia sulla vicenda di Giulia Ligresti e conseguente discussione (Bozze non corrette redatte in corso di seduta)

VIDEO DELLA SEDUTA

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Maran. Ne ha facoltà.

 MARAN (SCpI). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori del Governo, noi di Scelta Civica – tutti noi – riteniamo convincenti le argomentazioni che il ministro Cancellieri ha sviluppato. Le parole del procuratore capo di Torino, Giancarlo Caselli, che ha negato qualunque ingerenza, confermando la sua versione, hanno peraltro già dato un fondamentale contributo di chiarezza. Ma in questa sede, il Ministro ha dimostrato di non aver commesso alcun abuso, non interferendo nell’attività dell’autorità giudiziaria e limitandosi, nel caso dì Giulia Ligresti, a una segnalazione al DAP, che, come abbiamo appurato, seguiva interventi analoghi anche per molti altri detenuti. Il Ministro ha fornito al Parlamento tutti gli elementi di informazione utili a confermare l’insussistenza di profili non corretti nel suo comportamento e non si vede alcuna ragione per la quale il ministro Cancellieri non possa proseguire il suo apprezzato lavoro in un settore strategico per la vita del Paese. Qui non c’è nulla da minimizzare e nulla da nascondere. Lo ha chiarito il dottor Pierfrancesco Cascini, vice capo del DAP, al «Corriere della Sera». Cito testualmente: «Mi segnalò il caso della figlia minore Giulia, dicendomi di essere molto preoccupata, perché si trattava di una persona che aveva avuto problemi di anoressia. Da quel che si sapeva, le sue condizioni di salute stavano peggiorando, e temeva che potesse lasciarsi andare a gesti disperati o di autolesionismo». Ma Cascini aggiunge immediatamente che quella telefonata non era insolita: «Da quando si è insediata si è dedicata con particolare attenzione ai problemi del carcere, e con lei o con il capo della sua segreteria ci sentiamo quasi tutti i giorni. Così come quasi tutti i giorni arrivano segnalazioni su detenuti con problemi particolari; spesso anche dall’Ufficio del Ministro, con un appunto autografo del Guardasigilli: “Per Cascini, che possiamo fare?”. Di solito sono i casi più gravi o più dolorosi». Sono queste attenzioni che secondo il vicedirettore del DAP dimostrano l’infondatezza del teorema sui detenuti di serie A, seguiti sulla base di indicazioni altolocate, e detenuti di serie B abbandonati a se stessi. «Per me che ricevo la segnalazione – ha spiegato Cascini – non cambia nulla, io devo verificare la situazione e prendere, eventualmente, le iniziative dovute. Anche per Giulia Ligresti, se fosse stato necessario», conclude Cascini, «e sarebbe assurdo il contrario». Sarebbe assurdo, infatti. Non c’è da stupirsi, tuttavia, che il caso in esame abbia fatto molto discutere e abbia alimentato sospetti, e perfino il fastidio dei cittadini. Le carceri italiane sono, e non certo per colpa del ministro Cancellieri, un luogo di sofferenza, un luogo di abbandono e degrado. A patire più duramente la galera, oltre che a frequentarla di più e a rimanerci spesso, anche quando uscirne sarebbe in teoria possibile, sono i detenuti più poveri, deboli e soli, che non hanno buoni avvocati, né buone amicizie. Noi che non pensiamo affatto – e lo ripeto con chiarezza – che il ministro Cancellieri abbia abusato del proprio potere, o come pensano alcuni, addirittura “liberato” una detenuta cui era legata indirettamente da ragioni da amicizia; noi che pensiamo che il Ministro abbia fatto bene, comprendiamo anche che la storia, raccontata in questo modo, possa apparire, e a molti forse continuerà ad apparire, più vera e più credibile. Il Ministro ha fatto bene ad intervenire. Non farlo sarebbe stato una grave omissione, ma non ha torto chi sostiene che un sistema che ripara alle inefficienze con le segnalazioni personali, che finiscono per apparire, anche quando non lo sono, forme di indebita “raccomandazione”, è destinato sempre a lasciare fuori qualcuno dalle tutele dovute a tutti. È ridicolo sostenere che sarebbe preferibile o più civile un’uguale negazione di condizioni di diritto per tutti i detenuti. Ma il compito delle istituzioni, il compito nostro, del Ministro, del Parlamento e dell’amministrazione penitenziaria è quello di creare le condizioni perché a tutti i detenuti sia dato quanto loro spetta, non di rimediare, caso per caso, all’impossibilità di garantire i diritti di ciascuno di essi secondo legge e giustizia. Noi vogliamo cogliere pertanto quest’occasione per rilanciare il nostro impegno riformatore. Ci sono tante cose che lei sta cercando faticosamente di cambiare, ma dobbiamo fare di più. È forse ora di procedere all’istituzione del Garante nazionale per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e delle persone private della libertà personale. Perfino in Albania, l’Ombudsman raccoglie segnalazioni da chiunque è privato della libertà e poi svolge accertamenti e ispezioni: quando una violazione viene accertata, fa esattamente quello che ha fatto il Ministro.

Raccomanda chi di competenza affinché ci sia una valutazione attenta del caso. Senza contare che l’Istituto Carlo Cattaneo ha documentato che, sotto il profilo del sovraffollamento, la situazione in cui oggi si trovano le carceri italiane è peggiore di quella in cui si trovavano alla fine del secolo scorso e che l’aggravio rispetto alle altre democrazie europee è cresciuto vistosamente in questo decennio. E c’è un fattore che mostra una decisa differenza tra questi Paesi. E questo fattore è la quota di detenuti in attesa di giudizio sul totale dei detenuti. È questa quota che ha, in Italia, dimensioni eccezionali. Nel 2013 l’Italia registrava una quota pari al 36,5 per cento contro il 25,3 per cento della Francia, il 17,3 per cento della Germania, il 14,5 per cento della Spagna e il 12,9 per cento del Regno Unito. Basterebbero questi dati per smentire la tesi secondo la quale quella della giustizia non sarebbe una questione prioritaria se non per Berlusconi e per giustificare lo sforzo di tutti noi per trattare la questione giustizia come se Berlusconi non ci fosse. Non c’è dubbio che qualcuno, fuori o dentro la maggioranza, intenda utilizzare questa polemica per dare uno scossone al Governo. Ma la nostra discussione non può essere ridotta a questo. In gioco c’è molto di più. Lei ha dichiarato: «Io sono il responsabile diretto della vita dei carcerati. Mi sono mossa per il rischio di suicidio». E a lei ci rivolgiamo con immutata fiducia perché la vita dei carcerati abbia più certezze di essere tutelata, confermandole quella che lei ha chiamato la stima istituzionale del Gruppo di Scelta Civica.

(Applausi dai Gruppi SCpI e PD e del senatore Castaldi).